Rosa Canina

Palazzolo Acreide
Foto della pianta
Disegno della pianta
Nome scientifico
Rosa Canina
Nome comune
Rosa Canina
Specie
R. Canina
Famiglia
Rosaceae
Fioritura
da Maggio a Luglio
Luogo
Palazzolo Acreide

Descrizione

È la specie di rosa spontanea più comune in Italia, talvolta definita rosa di macchia o rosa selvatica. La rosa selvatica è un arbusto, latifoglie e caducifoglie, spinoso e alto 100 - 300 cm, con fusti legnosi, privi di peli (glabri), spesso arcuati e pendenti, e radici profonde. Le spine rosse sono robuste, arcuate, a base allungata e compressa lateralmente. Le foglie, caduche, sono composte da 5 - 7 foglioline di 9 - 25 x 13 - 40 mm, ovali o ellittiche, con 17 – 22 denti sul margine. I fiori, singoli, hanno un diametro di 4 – 7 cm, di colore solitamente rosa pallido, sono poco profumati. Hanno un peduncolo di 20 – 25 mm e sono generalmente superati dalle foglie. I sepali laciniati, lunghi da 15 a 18 mm, dopo la fioritura si piegano all’indietro e cadono in breve tempo. La corolla è formata da grandi petali bilobi, rosati soprattutto sui lobi, di 19 – 25 x 20 – 25 mm. La rosa canina fiorisce da maggio a luglio, la maturazione delle bacche si ha in ottobre – novembre. Il falso frutto della rosa canina è caratterizzato da un colore rosso e da una consistenza carnosa; è edule ma aspro e non appetibile fresco.

Storia

La rosa canina è una pianta antichissima, nata più di quaranta milioni di anni fa. Datano a quel tempo infatti i reperti fossili di questo fiore ritrovati nel Colorado e nell’Oregon. Un fiore quindi molto resistente, che ha passato indenne secoli e secoli, differenziandosi in varie specie. Gli Assiri la consideravano una pianta altamente medicamentosa; i medici greci l’apprezzavano e la prescrivevano come tonico; i Persiani producevano con alcool, rose e coloranti naturali uno sciroppo chiamato ‘’giulebbe’’; i romani la utilizzavano a scopo ornamentale e terapeutico in quanto se ne estraevano oli essenziali che erano utilizzati per profumi e unguenti; le donne romane dopo il bagno usavano strofinarsi con polvere di rose, truccarsi le palpebre con l’olio essenziale del fiore;  l’imperatore romano Eliogabalo beveva il ‘’rosatum’’, cioè un vino con l’aggiunta di petali di rosa che venivano posti in infusione a fermentazione ultimata; Avicenna, filosofo e medico dell’Islam medioevale, considerava la rosa canina efficace contro la tubercolosi e ne fece ampio uso;  ricche di vitamina C, durante la seconda guerra mondiale, le sue bacche furono usate dagli inglesi per i loro bambini, in sostituzione degli agrumi. 

Caratteristiche

Il suo habitat sono le boscaglie di faggio, abete, pino e querce a foglie caduche, gli arbusteti e le siepi, fino ad una quota di 1900 m.  Preferisce suoli abbastanza profondi, limosi e moderatamente aridi, è una specie pioniera. Resiste al freddo e tollera anche il caldo; inoltre, essendo un arbusto rustico, non subisce attacchi da molti parassiti (a differenza delle rose coltivate).

Miti, leggende e simboli

La leggenda narra che il dio del vino Bacco si invaghì di una ninfa e, come suo solito, cercò di conquistarla, ma lei terrorizzata fuggì finché non inciampò in un cespuglio. Provò a rialzarsi ma Bacco la raggiunse e, consumato l’atto, il dio trionfante e soddisfatto non esitò a ringraziare il cespuglio trasformandolo in rosa, facendogli spuntare splendidi fiori di un delicato color rosato, lo stesso colore delle guance della sua ninfa.

Pare inoltre che la corona di Cristo fosse fatta con rami di rosa canina.

La pianta deve il nome ‘’canina’’ a Plinio il Vecchio, che affermava che un soldato romano fu guarito dalla rabbia con un decotto di radici di questa pianta. Fu poi Linneo, il naturalista svedese fondatore della moderna sistematica botanica e zoologica, ad ufficializzare il nome. È l’antenata delle rose coltivate, quella di partenza per le varietà oggi conosciute. 

Note bibliografiche

Pignatti, S., Flora d’Italia, vol. 1, Bologna, Edagricole, 1982, p. 563.

Conti, F., Blasi, C.; Alessandrini, A.; Abbate, G., An annotated Checklist of the Italian Vascular Flora, maggio 2005, p. 154.