Descrizione
Pianta di aspetto erbaceo, alta sino a 70 cm, eretta, con fusto ascendente, poco ramificato, spesso venato di rosso. Tutta la pianta è caratterizzata dalla presenza di lunghe setole bianche che la rendono ispida. Le foglie inferiori hanno lamina ovato-lanceolata, margine dentato, ondulato e nervatura rilevata.
I fiori peduncolati, inclinati ad arco, sono riuniti in infiorescenze terminali, attorniate da brattee. Hanno calice composto da 5 sepali stretti e lanceolati, che durante la fioritura si aprono notevolmente, per poi richiudersi sul frutto. La corolla azzurra-blu, più raramente bianca, è pentalobata, gli stami sono 5, le antere sono violette. I frutti sono tetracheni marrone chiaro di forma oblunga, molto duri.
Storia
La borragine, aggiunta al vino, veniva usata dagli antichi romani per curare la malinconia e la tristezza. Usata dai Celti per dare coraggio ai guerrieri per affrontare i nemici in battaglia. Gli antichi Greci invece la usavano per curare il mal di testa da sbronza.
Plinio la chiamava Euphrosinum "perché rende l'uomo euforico, felice e contento", come attesta l'antico verso "Ego Borago - Gaudia semper ago." Egli infatti sosteneva che i fiori consumati in insalata rendono propensi al riso e sgombrano la mente dai cattivi pensieri, le foglie e i fiori nel vino tolgono la tristezza e la malinconia e danno la felicità, ritenendo addirittura che la Borago fosse il famoso "Nepente di Omero" che, consumata nel vino, portava all'oblio e alla spensieratezza.
"llawenlys" (nome gallese dell'erba) significa "erba della contentezza" (forse a causa del vino con cui la si gustava). Parkinson la raccomandava per espellere pensieri e malinconia.
Bacon diceva essere un eccellente rimedio per reprimere i fuligginosi vapori della polverosa malinconia. Culpepper, medico, botanico e astrologo britannico della metà del ‘600, trovava la pianta utile nelle febbri putride e pestilenziali, nel morso di serpenti velenosi, nella tubercolosi, negli itteri, nel mal di gola e nei reumatismi.
Caratteristiche
I fiori, dall'alto quantitativo di nettare, sono molto ricercati dalle api; si può ottenere un ottimo miele anche monoflorale, ma la borragine è poco diffusa e la produzione è limitata. Le foglie vengono utilizzate nel campo della cucina.
Miti, leggende e simboli
Alcuni vedono nel fiore blu del borragine, con la sua magica aura, il simbolo dell’infinita nostalgia romantica. Pare che la pianta venisse considerata talismano per infondere serenità, coraggio e allegria.
Iconografia
Incontriamo la Borragine all’interno della Disputa di Santo Stefano fra i dottori del Sinedrio di Vittore Carpaccio. L’opera faceva parte della serie di cinque grandi tele con le storie del Santo che ornavano la sede veneziana della Confraternita dei Laneri. Carpaccio ambienta la vicenda in uno scenario immaginario all’interno del quale le piante, molte delle quali medicinali, vengono descritte minuziosamente; tra di esse è riconoscibile, in basso a destra, la borragine. (il suo nome si collega al mondo della produzione della lana, i cui commerciati costituivano la maggioranza dei confratelli della scuola di Santo Stefano.)