I bombardamenti

Il 9 e 10 luglio 1943 Caltagirone fu bombardata da aerei americani.

L’evento colse di sorpresa gli abitanti, convinti che Caltagirone, città natale di don Luigi Sturzo, esule in America, non sarebbe mai stata bombardata, grazie anche alla sua intercessione presso il governo americano. 

Eppure alcuni mesi prima, per diverse notti, gli aerei ricognitori alleati avevano mandato segnali premonitori di un pericolo imminente e, alcuni giorni prima del bombardamento, avevano lanciato volantini per invitare la popolazione a evacuare la città. I volantini, però, vennero ignorati.

All’improvviso, e per due giorni consecutivi, con un rombo assordante e minaccioso, molti aerei Wellingtons17 sfrecciarono nel cielo, sganciando il loro carico di bombe.

Si stima che siano state circa 300 le vittime, e sarebbero state molte di più se l’evento si fosse verificato durante l’inverno. Questo perché in estate, i Calatini si trovavano per fortuna quasi tutti all’aperto in campagna, dove si erano recati o per la mietitura del grano e di altri cereali, o in villeggiatura.

I giorni che seguirono ai bombardamenti furono caratterizzati da disordini e atti di vandalismo e di sciacallaggio: nella ritirata, i Tedeschi bruciarono i magazzini di rifornimento, che si trovavano in via Madonna della Via e a S. Bartolomeo e che erano pieni di generi alimentari di varia natura. Inoltre, per aiutare i cittadini (questo lo hanno affermato in molti), scardinavano con i carri armati le saracinesche dei negozi, consentendo così alle persone affamate di recuperare qualcosa da mangiare.

Non furono risparmiate neanche le case private, in molti casi depredate di tutto il loro contenuto. Case di nobili, ma anche quelle della povera gente. Furono utilizzati tutti i possibili mezzi di trasporto: i carretti, i muli, le carriole, le biciclette su cui venivano posizionati i sacchi di farina, di pasta, riso, legumi, zucchero e le scatolette di conserva di pomodoro da portare alle famiglie.

La città era stata abbandonata da tutti, stretta nella morsa di un silenzio spettrale.