Caltagirone

Caltagirone

Title: Ponte San Francesco d'Assisi

Ponte San Francesco d'Assisi

Descrizione

 Nato con lo scopo di unire due delle tre alture su cui sorge la città, posta sopra le vie Infermeria e Porta Veneto, il ponte presenta 5 arcate di cui una sola aperta. 

Nel 1776, in occasione dell’apertura della via Carolina (l’attuale via Roma), il ponte fu ampliato con altre due arcate cieche, al fine di ampliarne l’imboccatura meridionale.

Il ponte presenta una decorazione in maioliche con le cromie tipiche verdi, gialle e blu.

Riferimenti storici

Il ponte fu costruito per agevolare i fedeli che salivano la collina fino alla chiesa di San Francesco, realizzata nel 1627. 

Nel progetto gli archi dovevano essere utilizzati a scopo commerciale, che consentivano di recuperare una parte del denaro necessario per la ricostruzione.

Title: Anchusa Azurea

Anchusa Azurea

Descrizione

La buglossa azzurra è una specie a distribuzione euro-mediterranea presente in tutte le regioni italiane, salvo che in Trentino-Alto Adige. 

Il fiore ha cinque petali di un colore azzurro acceso. Nello stelo vi è la presenza di una piccola peluria bianca.

Storia

Il nome generico deriva dal greco 'ankousa' (belletto): dalla radice di alcune specie si estraeva una sostanza colorante rossa usata in cosmetica dagli antichi Greci e Romani. 

Il nome specifico si riferisce al colore dei fiori.

È conosciuta con i nomi popolari: ancusa, lingua di bue, lingua di manzo. Il nome buglossa deriva dal greco e significa “lingua di bue”, per la forma delle sue foglie, abbastanza carnose e rugose.

Caratteristiche

Viene utilizzata sia in medicina che in cucina.                                                                                                                        

Si può reperire nei pascoli aridi e nei prati incolti, specie ai bordi dei campi e delle stradine di campagna, ma anche vicino all’abitato e sulla riva dei ruscelli. Le foglie giovani sono considerate commestibili, ma la pianta sembra contenere alcaloidi potenzialmente tossici.

Title: I bombardamenti

I bombardamenti

Il 9 e 10 luglio 1943 Caltagirone fu bombardata da aerei americani.

L’evento colse di sorpresa gli abitanti, convinti che Caltagirone, città natale di don Luigi Sturzo, esule in America, non sarebbe mai stata bombardata, grazie anche alla sua intercessione presso il governo americano. 

Eppure alcuni mesi prima, per diverse notti, gli aerei ricognitori alleati avevano mandato segnali premonitori di un pericolo imminente e, alcuni giorni prima del bombardamento, avevano lanciato volantini per invitare la popolazione a evacuare la città. I volantini, però, vennero ignorati.

All’improvviso, e per due giorni consecutivi, con un rombo assordante e minaccioso, molti aerei Wellingtons17 sfrecciarono nel cielo, sganciando il loro carico di bombe.

Si stima che siano state circa 300 le vittime, e sarebbero state molte di più se l’evento si fosse verificato durante l’inverno. Questo perché in estate, i Calatini si trovavano per fortuna quasi tutti all’aperto in campagna, dove si erano recati o per la mietitura del grano e di altri cereali, o in villeggiatura.

I giorni che seguirono ai bombardamenti furono caratterizzati da disordini e atti di vandalismo e di sciacallaggio: nella ritirata, i Tedeschi bruciarono i magazzini di rifornimento, che si trovavano in via Madonna della Via e a S. Bartolomeo e che erano pieni di generi alimentari di varia natura. Inoltre, per aiutare i cittadini (questo lo hanno affermato in molti), scardinavano con i carri armati le saracinesche dei negozi, consentendo così alle persone affamate di recuperare qualcosa da mangiare.

Non furono risparmiate neanche le case private, in molti casi depredate di tutto il loro contenuto. Case di nobili, ma anche quelle della povera gente. Furono utilizzati tutti i possibili mezzi di trasporto: i carretti, i muli, le carriole, le biciclette su cui venivano posizionati i sacchi di farina, di pasta, riso, legumi, zucchero e le scatolette di conserva di pomodoro da portare alle famiglie.

La città era stata abbandonata da tutti, stretta nella morsa di un silenzio spettrale.

Un momento dell'intervista

Un momento dell'intervista

Title: Tuberaria guttata

Tuberaria guttata

Descrizione

Il cosiddetto fior gallinaccio comune ha un fusto eretto. Può raggiungere un’altezza di 20 cm con foglie disposte a rosetta. I fiori hanno petali bianco-giallastri con macchie scure quasi all’attaccatura del petalo.

Storia

Il nome specifico deriva dal latino "gútta" goccia per la macchia scura presente sui petali di questa specie.

Caratteristiche

Cresce in vegetazioni erbacee aperte, in prati aridi e in arbusteti molto aperti, su suoli sabbiosi acidi, aridi d'estate, su substrati silicei, al di sotto della fascia montana inferiore a 800 metri sul livello del mare, in particolare nella fascia mediterranea.

Title: Centaurea cyanus

Centaurea cyanus

Descrizione

E’ una pianta annuale, il fusto è molto resistente e ampiamente ramificato, le foglie sono lanceolate. Presenta dei boccioli ricoperti di peluria che diventano capolini solitari all'estremità dei rami e cambiano colorazione secondo la varietà: azzurro, rosa, rosso, porpora e bianco. 

Storia 

Secondo la tradizione popolare, preparare distillati con i fiori di fiordaliso sarebbe un ottimo rimedio per le malattie degli occhi.

Caratteristiche

Possiede alcune proprietà che lo hanno reso ricercato come pianta per finalità fitoterapiche. Il succo estratto dai suoi petali è usato per la creazione di un inchiostro blu per acquarelli.                                                                                          

Miti, leggende e simboli

Grazie alla delicata colorazione dei fiori è il simbolo della dolcezza, nel linguaggio dei fiori significa felicità e leggerezza.

Leggenda vuole che Cyano (da cui deriva il nome del colore) fosse un giovane di cui la Dea Flora era innamorata e che ritrovò privo di vita in un campo pieno fiori blu.

Un’altra leggenda narra del centauro Chirone che, colpito da una freccia avvelenata, riuscì miracolosamente a guarire curandosi con del fiordaliso. Il mito suggerisce che siamo di fronte ad una pianta non solo bella, ma anche ricca proprietà benefiche. Esiste anche un’altra legenda, più storica che mitologica, riguardante il fiore di fiordaliso, ed è legata allo stemma araldico del regno di Guglielmo I, re di Germania, vissuto al tempo di Napoleone. Narra la leggenda di Guglielmo I, che fuggendo da una battaglia, giunse in un campo di grano, dove trovò sua madre che, per calmare i bambini che erano con lei, intrecciava piccoli mazzi di fiordalisi. Al suo ritorno a corte adottò, quindi, il fiordaliso come stemma.

Iconografia

Simbolo di Cristo nell’iconografia cristiana, viene spesso ripreso nei dipinti dell’Assunzione, della Vergine, della Resurrezione e dell’Ascensione, poiché il fiordaliso ne è simbolo.

Nell’opera Venere di Botticelli, la figura alla destra della dea è l’Ora della primavera con un vestito chiaro, trapuntato di fiordalisi, e con in vita un ramo di rosa. Il mantello che offre a Venere è decorato con primule e rametti di mirto e si gonfia a causa del vento che soffia dal lato opposto.

Riferimenti Barocco/ Liberty

Veniva utilizzata nelle decorazioni di tessuti (Liberty) ma è un soggetto presente anche nel periodo dell’arte barocca, in vari dipinti cristiani.

Sitografia

Title: Echium plantagineum

Echium plantagineum

Descrizione

Pianta erbacea annuale/biennale, alta 20-60 cm, di forma molto variabile; fusti eretti, ramificati, con getti laterali prostrato-ascendenti, ricoperti di peli brevi e setole molli o ispido-tubercolate, erette o appressate.

Storia 

Il nome generico deriva dal greco 'echis' (biscia), per la forma delle infiorescenze ricurve simili a una testa di serpente.

Caratteristiche 

Per l'elevata concentrazione di alcaloidi pirrolizidinici presenti nei germogli, è velenosa per gli animali da pascolo, in particolare per quelli dotati di un tratto digestivo semplice come i cavalli. Le sue tossine, accumulandosi nel fegato possono condurre gli animali alla morte.

Le proprietà dell’erba viperina sono legate alle sue foglie. La medicina popolare ha insegnato a usarla soprattutto per le proprietà calmanti ed emollienti.

Title: Helichrysum italicum

Helichrysum italicum

Descrizione

Pianta suffruticosa, alta fino a 50 cm, con foglie argentee, lineari-filiformi; i capolini, di colore dorato brillante, sono riuniti in una densa infiorescenza corimbosa; i frutti sono lucenti, bianchi, di forma cilindrica.

Storia

In Grecia e soprattutto a Roma il colore dei suoi capolini spingeva le persone a intrecciarne corone per adornare le statue di Apollo e Atena. Il nome elicriso infatti è composto da due parole greche che significano proprio “sole d’oro”.

Caratteristiche

L'elicriso come pianta officinale era già conosciuta e apprezzata in epoca greco-romana e nel medioevo. In epoca recente non solo sono state confermate le virtù già note, ma se ne sono scoperte altre, per merito inizialmente di un medico condotto toscano, Leonardo Santini. 
La pianta fiorita ha un profumo caratteristico molto aromatico. Essa contiene un olio essenziale, acido caffeico, acido ursolico, resine, mucillagini e sostanze coloranti che nell'insieme prendono il nome di elicrisina. I diversi preparati a base di elicriso possono trovare impiego nelle malattie dell'apparato respiratorio, nelle malattie reumatiche e allergiche, nelle malattie epatiche, nelle flebiti, nelle cefalee e perfino nelle ustioni e per curare i geloni.

Miti, leggende e simboli

In mitologia, Elicrisa è la ninfa che diede il nome all’elicriso, perché fu la prima a coglierlo. Secondo la leggenda, la pianta d’elicriso nasce da una bellissima ninfa dai capelli dorati, la quale amando, non corrisposta, un Dio, alla sua morte fu trasformata in un elicrisio dagli altri dei impietositi.

Un antico proverbio dice: “Di fortuna resti intriso, chi si adorna di elicriso”.

Un mazzetto d’elicriso, lasciato essiccare tutto l’anno e poi fatto bruciare la notte di San Giovanni, permetterebbe di conquistare la persona amata. Questa pianta è molto legata ai “rituali del fuoco” delle feste di San Giovanni.

Title: Myrrhoides nodosa

Myrrhoides nodosa

Descrizione

Pianta erbacea annuale, con portamento eretto. L'ombrella composta è tipicamente priva di brattee, con pochi rami; le ombrellette presentano alcune brevi brattee e con pochi rami. 

I frutti sono a sezione subcilindrica, con brevi e dense setole rivolte verso l'alto.

Caratteristiche 

Cresce ai margini di boschi aperti, nelle radure e nei cespuglieti, su suoli profondi piuttosto ricchi in sostanza organica, dal livello del mare a 900 m circa, soprattutto nella fascia mediterranea.

Title: Salvia viridis

Salvia viridis

Descrizione

È una pianta erbacea suffrutice che presenta fusto eretto e rami basali lignificati, dall'aspetto cespuglioso, che può raggiungere i 50/70 cm di altezza. Le foglie hanno una forma oblunga e crenata, sono semplici, opposte, picciolate, di colore grigio-verde, ricoperte da una leggera peluria, così come i rami in età giovanile.

I fiori, di colore blu-violetto si presentano raccolti in spighe terminali, con brattee violacee caduche, calice bilabiato, corolla bilabiata e labbro inferiore trilobato.

Storia 

Il nome del genere deriva dal latino "salvus" (salvare, sicuro, bene, sano) un nome antico per questo gruppo di piante dalle presunte proprietà medicinali. Il nome scientifico del genere è stato definito da Linneo (1707–1778), biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi.

Caratteristiche 

La salvia può essere utilizzata nei casi di astenia, per le infezioni delle vie respiratorie e per disturbi epatici; è antispasmodica e diuretica. Per le sue doti antisettiche, antibiotiche e antivirali, cura stomatiti, laringite ed è un ottimo rimedio contro il raffreddore.


Miti, leggende e simboli

La salvia ha avuto da sempre un ruolo importante nella vita degli uomini, anche per il suo simbolismo e i suoi poteri magici: il suo forte aroma teneva lontano negatività e spiriti maligni nei momenti più importanti della vita. Gli Egizi la utilizzavano, insieme ad altre erbe, nelle pratiche di imbalsamazione, le conferivano la virtù di rendere fertili le donne e la usavano contro la peste. 

Era considerata una pianta afrodisiaca, tanto che la regina Cleopatra ne avrebbe fatto uso per conquistare gli uomini. Le foglie di salvia, inoltre, preparate secondo precisi rituali venivano utilizzate per difendersi dagli incubi notturni.

Title: Serapias parviflora

Serapias parviflora

Descrizione

Pianta erbacea perenne, di modeste dimensioni, esile e poco appariscente, alta 10-30 cm, con rizotuberi globosi. Le foglie sono lineari-lanceolate. L'infiorescenza, lassa e allungata, è composta da pochi fiori distanziati (da 3 a 8), ognuno accompagnato da una lunga brattea violacea. 

I fiori sono formati da 2 tepali esterni, lanceolati e saldati a formare un casco tepalico acuto e da 2 tepali interni che vanno a formare una specie di elmo. 

Storia 

Il nome del genere deriva dalla divinità egizia Sérapis.

Caratteristiche

Questa specie a differenza delle altre attua l’autoimpollinazione per la riproduzione. Vegeta nei pascoli aridi, garighe, prati, oliveti, dune, bordi stradali fino a 1200 m di altitudine, su terreni asciutti di preferenza calcarei o poco acidi. È considerata una specie rara.

Title: Stachys arenaria

Stachys arenaria

Descrizione

Le foglie sono lunghe 2 - 6 cm; il labbro superiore della corolla è bifido. L'altezza può variare dai 20 agli 80 cm. Si tratta, in genere, di piante erbacee a ciclo perenne che trova il suo habitat tipico nei pascoli aridi. È diffusa al Sud del Pese fino a una altitudine di 600 metri.

Storia

Il nome del genere Stachys deriva dal greco “spiga”, significato dovuto ovviamente dalla disposizione dell’infiorescenza lungo il fusto. Anticamente era considerata un'erba medicinale adatta a guarire moltissime malattie.           

Caratteristiche

Queste piante contengono acido rosmarinico, acido oleanolico, acido betulinico e tannini. 
Hanno proprietà antibiotiche, antipiretiche, antisettiche, antispasmodiche, astringenti, diuretiche, febbrifughe e ipotensive. Per la presenza di sostanze aromatiche, molte specie di questa famiglia sono usate in cucina come condimento, in profumeria, liquoreria e farmacia.

Miti, leggende e simboli

Nel Medioevo si attribuivano a questa pianta poteri magici e si usava per curare qualunque male.

Title: Chiesa di Santa Chiara e Santa Rita

Chiesa di Santa Chiara e Santa Rita

Descrizione

La struttura attuale è stata costruita nel XVIII secolo su progetto di Rosario Gagliardi. Ha una forma circolare e presenta cinque lati retti e cinque lati curvi, dove si aprono le cappelle laterali e il presbiterio. 
L'interno presenta un piano centrico a croce greca e il prospetto presenta due piccoli campanili laterali.

Riferimenti storici

Secondo la tradizione, la Chiesa di Santa Chiara fu edificata dalla stessa santa di Assisi per favorire la presenza in Sicilia dell’ordine Mondiale delle Clarisse. La rapida diffusione dell’ordine e la sua presenza a Caltagirone suscitò nelle famiglie più facoltose della Città numerose vocazioni, cioè delle donazioni che consentirono di ampliare gli spazi a disposizione delle monache e di intervenire nell’abbellimento e nelle decorazioni della chiesa. 
Con la ricostruzione la devozione venne data a Santa Rita da Cascia (1381-1457), sposa, madre, vedova e monaca agostiniana. All’interno della chiesa si trovano dipinti rappresentanti scene della vita e sopratutto del culto legato alla Santa, che giustificano l’uso del nome della chiesa.   

Iconografia

Nella chiave dell’arco che oltrepassa il portale si trova la scultura di una mano che sorregge un ostensorio; si tratta della mano di Santa Chiara che, miracolosamente, respinse i saraceni che volevano saccheggiare il monastero di San Damiano in Assisi.

Riferimenti Botanici

Il pavimento, realizzato nel 1950, è in maiolica policroma e riprende l’antico disegno di Francesco Branciforti,  ceramista Calatino.
 Anche la balaustra è realizzata con la stessa tecnica.

Title: Stipa austroitalica

Stipa austroitalica

Descrizione

È una pianta cespugliosa che raggiunge un'altezza compresa tra 30 e 80 cm. La stipa austro - italica presenta un fusto rigido, delle foglie sottili e rigide e una infiorescenza liscia e setosa che, insieme alle foglie lineari, sottili e convolute, conferisce a questa pianta erbacea perenne un aspetto che richiama la leggerezza.

L’infiorescenza si compone di spighe che, con le reste piumose, raggiungono la lunghezza anche di 25 cm; le reste persistenti offrono facile presa al vento favorendo la disseminazione dei semi (cariossidi).

Storia 

ll nome del genere deriva dalla parola latina "stipa" ovvero “paglia”; il nome della specie dalle parole "auster", che significa "vento che soffia dal Sud" e "italica" per indicare la presenza della pianta nell'Italia meridionale.

Per la sua rarità è stata inserita nell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE come “specie d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione.

Caratteristiche

Protetta a livello nazionale, è un raro endemismo presente sul Gargano, sulle Murge, in Basilicata e in Sicilia.

Le reste piumose, di colore bianco argenteo, rendono la specie particolarmente vistosa e attraente, e l’ondeggiare delle spighe al soffio del vento crea l’illusione di un mare in burrasca.

Title: Chiesa e Convento di San Francesco d'Assisi

Chiesa e Convento di San Francesco d'Assisi

Descrizione

Edificata nel 1236 da Beato Riccardo in stile gotico, poi gravemente danneggiata dal terremoto del 1693 ed interamente ricostruita in stile barocco, presenta una facciata a due ordini su cui campeggiano diverse statue, quattro “tabelloni” con simboli mariani e la nicchia per la statua dell’Immacolata, che venne scolpita nel 1927 dal palermitano Giovanni Travaglia.

Il campanile e la cupola hanno all’interno custodite alcune tele dei fratelli Vaccaro, una statua di legno rivestita in argento di Sant'Antonio ed un grande pannello in maiolica.

Il convento dei Frati Minori è composto all’entrata da un chiostro ed un cortile ed interamente ricostruito, ma nonostante questo conserva ancora le mura antiche e alcune opere, come un arco gotico del sec. XIV.

Riferimenti storici

Si dice che nel 1221 i frati Minori messinesi ospitarono Antonio di Padova che, reduce dell'infelice missione in Terram Saracenorum, a causa di una furiosa tempesta fu costretto ad approdare sulla costa messinese, dove venne curato dai francescani messinesi. Si dice anche che più tardi avvenne un suo ritorno in Sicilia dove, negli anni successivi, avrebbe fondato diversi conventi.

Iconografia

Sulla facciata della porta si trova il simbolo della Madre di Dio, dove la M sormontata dalla croce  indica Maria che porta Gesù e i due cuori indicano l'unione fisica della Madre con il Figlio, dove in alcuni casi si trova anche la preghiera che ricorda l'Immacolato concepimento come un'esigenza della divina maternità. In basso, ai lati, si trovano la palma e il cedro: l'uno simboleggia la resurrezione di Cristo e l'altro simboleggia l'albero della conoscenza.

Riferimenti Botanici

La Palma, simbolo della vittoria e della rinascita, era collegata alla Dea Vittoria nell'iconografia romana mentre secondo l'iconografia cristiana la palma produce un'infiorescenza quando sembra ormai morta, come la fenice che rinasce dalle sue ceneri.

Il cedro è simbolo dell'immortalità, dell’incarnazione della grandezza d'animo e di elevazione spirituale, e spesso le statue vengono scolpite in legno di cedro per la sua altezza e resistenza.

Title: Scalinata Santa Maria del Monte

Scalinata Santa Maria del Monte

Descrizione

La Scalinata di S. Maria del Monte, detta anche Scalinata di S. Giacomo, oggi si eleva fra due fitte schiere di case con ben 142 gradini, ha una larghezza media di  8,40 m e si sviluppa in una lunghezza di circa 130 m. 

Decorata nel 1954 con mattonelle in ceramica con maioliche policrome, successivamente decorate con motivi isolani tra il X - XX secolo da Antonino Ragona.

Riferimenti storici

L’espandersi urbanistico, pose il problema di collegare funzionalmente la città vecchia con quella nuova. Questo obiettivo venne realizzato con la scalinata nel 1606, operando un vasto taglio fra le casupole esistenti lungo la scarpata meridionale del colle. Con 150 gradini, richiese oltre dieci anni di continuo lavoro e costò più di 20 mila scudi all’erario comunale. 

Nel 1844 le varie rampe furono unificate su progetto dell'architetto Salvatore Marino e si ottenne una grandiosa scala rettilinea, meno inclinata della precedente, con meno gradini ma più ravvicinati. Nel 1956 venne aggiunto in ogni alzata un rivestimento in maiolica policroma, riproducente motivi usati dai maiolicari siciliani dal X al XX secolo.

Riferimenti Botanici

La cronologia dei motivi decorativi scompone la scalinata in dieci settori, uno per ogni secolo, a partire dal X, in un'alternanza di elementi geometrici, figurativi e floreali. 

Successivamente con la realizzazione dell'infiorata vengono utilizzati migliaia di vasi con piante e fiori dalle diverse sfumature di colore, che formano un unico grandioso disegno in onore della Madonna Di Condomini, titolare della chiesa posta in cima alla Scala, la cui festa è ricca di folklore con il tradizionale corteo denominato “A Rusedda” (pianta selvatica del vicino Bosco San Pietro, un tempo raccolta dai contadini e portata in dono alla Madonna e utilizzata dai ceramisti per alimentare le loro fornaci, in cambio di un’offerta alla Chiesa).

Title: Chiesa di Santa Maria del Monte

Chiesa di Santa Maria del Monte

Descrizione

Posta in cima alla scalinata di Santa Maria del Monte, la chiesa presenta una facciata in parte barocca e in parte in stile bizantino, per la ricostruzione dopo il terremoto.

All'interno ci sono tre navate dove la volta della navata centrale è decorata con affreschi raffiguranti eroine bibliche, le prefigurazioni di Maria, dipinta nella volta del presbiterio, realizzati dai fratelli Vaccaro. Gli altari laterali sono dedicati alla Madonna del Salterio, l’altare della Presentazione di Maria al Tempio con lo stemma gentilizio della famiglia Boscarelli Sturzo, e l’altare del Cristo alla Colonna, con la statua lignea realizzata nel 1592 dall’artista Paolo Nigro.

Riferimenti storici

All’interno della chiesa c'è custodita l'immagine bizantina di Maria SS, patrona di Caltagirone, con in braccio il bambino Gesù: la storia narra che la Vergine Santa fece convertire il cuore di tutti fedeli nel 1572 mostrando il suo volto nelle acque della Sacra Fonte. 

La chiesa venne realizzata in cima alle scale perché si collegava direttamente alla piazza.

Title: Taraxacum officinale

Taraxacum officinale

Descrizione

ll Taraxacum officinale, noto anche come “dente di leone”, ha fusti semplici, fistolosi privi di foglie, alti fino a 40 centimetri. Le foglie, che sono riunite in una rosetta basale, possono essere più o meno erette o sdraiate al suolo con forma lanceolata od obovale e irregolarmente incisa; l’apice è spesso triangolare, i lobi arcuati o falciformi. Ha fiori riuniti in capolini portati singolarmente all’apice dei fusti fistolosi; i capolini formano un involucro con più serie di brattee; i fiori hanno una corolla tubolare prolungata in una ligula normalmente gialla e aranciata solo nei fiori periferici.

Storia 

Era noto già agli antichi che però non lo mangiavano, perché era considerato troppo amaro e non lo usavano molto neanche in medicina. La pianta divenne importante in seguito, durante il Rinascimento, periodo in cui viene identificata come uno dei più importanti rimedi depurativi.

Nella la Seconda Guerra Mondiale, una varietà di tarassaco venne coltivata in Russia proprio per produrre gomma per pneumatici.

Caratteristiche

Tabernaemontanus, un farmacista tedesco vissuto nel 1500 definisce il tarassaco una pianta dalle virtù ineguagliabili ma è solo nel XX secolo che si scopre veramente questa pianta, tanto che la terapia a base di tarassaco viene chiamata “tarassacoterapia”. Il lattice che fuoriesce quando si tagliano le foglie o gli steli, se ingerito può essere velenoso. 

Miti, leggende e simboli

Nella mitologia si narra che Teseo, sotto consiglio di Hecate, mangiò per 30 giorni di fila solo questi fiori, per diventare abbastanza forte e sconfiggere il Minotauro.

Secondo una tradizione popolare molto diffusa, i pappi del dente di leone sono l’oracolo più adatto per calcolare “quanto tempo ci vorrà” affinché un evento si verifichi: basta trovare un pappo dallo stelo lungo, formulare una domanda e stabilire un tempo (giorni, settimane, mesi o anni) e soffiare sul piccolo batuffolino bianco ripetendo la domanda a ogni soffio fin quando tutti i piccoli ombrellini non saranno volati via; a quel punto basterà ricordare quanti soffi sono stati fatti per avere la risposta.  Un’altra tradizione popolare narra, invece, che soffiando sul pappo si può esprimere un desiderio e che se con un sol soffio tutti i semi volano via il desiderio si avvererà a breve.

Title: Ex Monte delle Prestanze

Ex Monte delle Prestanze

Descrizione

Il Monte delle Prestanze, detto anche Monte di Pietà, fu costruito sull’attuale piazza Umberto I, al posto della ormai abbattuta chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire. 

Sotto il progetto del Bonaiuto dovevano esserci solo due livelli, con l’ingresso principale a nord, sulla Via Teatro, con due scaloni, uno a destra e uno a sinistra, che portavano al primo piano, mentre il secondo piano venne realizzato nei primi del ‘900. 

Oggi è proprietà e sede del Banco di Sicilia, chiamata ora Unicredit.

Title: Palazzo Ventimiglia, La Rocca dei Vasi

Palazzo Ventimiglia, La Rocca dei Vasi

Descrizione

Il palazzo, costruito nel Settecento, è uno dei più noti edifici privati della città. 

Dimora di Benedetto Ventimiglia, uno dei più grandi artisti catalani della maiolica, il palazzo presenta una scenografica balconata e un portale finemente decorato in ceramica policroma invetriata, forse disegnata da Natale Bonajuto ma realizzata dallo stesso proprietario della casa.

Riferimenti botanici

Decorazione della balconata con maioliche floreali.