Chiesa S. Giovanni Evangelista

Scicli
Facciata della Chiesa
Elementi decorativi vari
Tipologia
Anno
1854

Descrizione

La facciata, a tre ordini, presenta una superficie concavo convessa, doppie semi colonne che  accentuano lo sviluppo verticale, evidenziando lo stacco tra il partito centrale, convesso, e i due laterali, concavi. Nel primo ordine, scandito da colonne ioniche, si apre il portale d’ingresso, preceduto da una scalinata. Due nicchie occupano i partiti laterali. Il secondo ordine, caratterizzato da colonne in stile corinzio, è abbellito da una preziosa gelosia in ferro battuto. Il terzo ordine riprende l’ordine composito del secondo, chiuso da due piedistalli alle estremità, realizzato nel 1802 da don Salvatore Alì. La facciata si chiude con un timpano spezzato, nel quale è incisa la data di fine lavori, ovvero 1803. 

L’interno si configura come un cilindro a sezione ovale, introdotto da una galleria con piccoli absidi semicircolari e concluso da un vano a sezione rettangolare, anch’esso con l’abside semicircolare. L’interno ha una fisionomia neoclassica, dove tra le semi colonne, sono collocati quattro altari. La volta, a guscio di noce, presenta una decorazione ricca di stucchi e dorature, ben lontani dal clima culturale tardo barocco. Nella parte alta del vestibolo, tre medaglioni raffigurano vedute paesaggistiche di Scicli.

Riferimenti storici

Fu fondata prima del 1300 quando fu istituita la “Confraternita dei Nobili Bianchi”, conosciuta a Scicli per le sue opere di carità e di misericordia in favore della popolazione sino al 1860. Successivamente la chiesa fu ceduta ai monaci di San Benedetto, i quali costruirono un monastero che diede impulso alle attività religiose ed economiche della città. La struttura crollò in seguito al terremoto del 1693 e i lavori di ricostruzione iniziarono tra il 1760 e il 1765. L’ultima fase dei lavori relativi alla decorazione interna, con stucchi e dorature, fu opera dell’architetto don Vincenzo Signorelli che firmò i disegni nel 1854.

Iconografia

Al suo interno è conservata un’opera del XVII secolo, il cosiddetto “Cristo di Burgos”, di provenienza spagnola che raffigura un Cristo crocifisso con una veste sacerdotale, iconografia molto rara in Italia. 

Nella cultura cristiana medievale, le uova di struzzo sono emblema del corpo di Cristo, della sua morte e della sua resurrezione. L’uovo di struzzo si considerava il più bello tra le uova sia per le sue dimensioni che per la perfetta curvatura. Una leggenda, altresì, legava il Cristo allo struzzo che “tornava alle sue uova poco prima della schiusa, provocando la rottura dei gusci, spargendovi sopra il suo sangue e liberando i suoi piccoli, così come il Salvatore col suo sangue ha liberato il genere umano”.