Ragusa

Ragusa

Title: Il pane di San Giuseppe

Il pane di San Giuseppe

La Signora Emma ci ha accolti gentilmente nella sua casa ed è subito cominciata la nostra intervista.

La storia che ci ha raccontato la Signora Emma parte da una situazione di dolore, di malattia e devozione.

Esisteva ed esiste tuttora l’usanza di chiedere l’intercessione a San Giuseppe per chiedere Grazia a Dio; in cambio, si allestisce una cena, ovvero una tavola imbandita di tante pietanze, ma soprattutto del cosiddetto "pane di San Giuseppe". La Signora Emma è una delle donne anziane che ancora porta avanti questa tradizione ad uso della nostra comunità parrocchiale.

Ascoltando la Signora, traspariva in modo chiaro la sua emozione e la sua grande fede. Anche se si è trattato di un’esperienza di poche ore, è servita ad aprire il cuore dei ragazzi e a fargli comprendere quanto importanti siano certe tradizioni. Per questo, ci siamo fatti promettere dalla Signora Emma che, alla prossima preparazione, insegnerà a noi Scout a realizzare il pane di San Giuseppe, a beneficio di tutta la comunità.

Un momento dell'intervista

Un momento dell'intervista

Title: Cercare nel presente la bellezza del passato

Cercare nel presente la bellezza del passato

Vorrei cominciare questa breve racconto relazione citando proprio una frase pronunciata al termine del lungo giro dal nostro Cicerone, il Signor Giovanni Gona: “Ragazzi, dovete cercare sempre nel presente la bellezza del passato”.

A significare che passato e presente non sono dimensioni temporali totalmente scisse, che molto di quello che viviamo oggi è frutto del loro intreccio, e che nello studio di ciò che è stato è possibile trovare nuove chiavi di accesso al futuro.
Il Signor Giovanni Gona ci ha mostrato case dove oggi sorgono lussuosi ristoranti e che prima erano adibiti a magazzini dove la gente del posto - prevalentemente pescatori, i mazzariddari - lavorava le conserve del pesce ...ha intrecciato con abilità storie di persone e luoghi fisici …ci ha raccontato che il convento delle suore che domina sul lungomare è stato costruito e voluto dalla Beata Maria Schininà, che lo ha inaugurato personalmente e …tante altre microstorie. L’impressione era quella di essere proiettati in un libro di storia, increduli nello scoprire che la Torre Cabrera, al centro dell’odierna piazza, fosse stata costruita per proteggere il  piccolo borgo dai pirati!!!!! I pirati??? A Marina di Ragusa??? Ma allora esistevano davvero?? Pensavano fossero personaggi solo da favole!!! E tanto altro ancora ...Per tutti noi è stato un pomeriggio ricco di scoperte, che ci ha lasciato la voglia di continuare a documentarci per imparare a conoscere meglio la storia del territorio in cui viviamo.

Da questo punto di vista, il Signor Giovanni ha fatto centro! 

Foto di gruppo

Foto di gruppo

Title: Asperula rupestris tineo

Asperula rupestris tineo

Descrizione

Piantina perenne erbacea alta circa 10-20cm, con fusti pseudo-legnosi solo alla base e abbondantemente ramificati al vertice. I fiori sono imbutiformi, disposti in infiorescenze a ombrella, di colore rosa, rosso o purpureo.

Storia

Questa pianta è conosciuta anche con il nome popolare di stellina di Sicilia.

Caratteristiche

Presente solo in Sicilia, è un’erba aromatica e medicinale molto apprezzata, con proprietà calmanti e sonnifere. Nella medicina popolare viene utilizzata come antispastico, per la cura dell'insonnia.  

Title: Teucrium siculum

Teucrium siculum

Descrizione

Arbusto sempreverde con fusti quadrangolari coperti di piccoli peli.

Le foglie sono di colore verde-lucido sulla pagina superiore, coperte di piccoli peli su quella inferiore, di forma lanceolata e brevemente picciolate.

Il calice è candido con tubo e denti; la corolla è violaceo-pallida venata. 

Gli stami sono 4, e assieme allo stilo, sono alquanto sporgenti e arcuati.

Storia

Il termine generico è l'antico nome greco, riportato da Dioscoride (I sec. D.C.) e dedicato a Teucro, re di Troia che per primo sperimentò le virtù terapeutiche dell'affine Teucrium chamaedrys L.

Caratteristiche

Il Teucrium noto anche come Camedrio femmina o Teucrio è un arbusto sempreverde adatto alla realizzazione di siepi e bordure, facile da coltivare anche in vaso.

Il Teucrium viene coltivato non solo a scopo ornamentale, ma anche per le sue proprietà medicinali. In erboristeria, infatti, le foglie del Camedrio femmina vengono utilizzate per la preparazione di un infuso.

Title: Sambucus nigra

Sambucus nigra

Descrizione

Si presenta come arbusto o piccolo albero che, però, in alcuni casi può raggiungere altezze anche superiori ai cinque metri, fino a un massimo di dieci. Le foglie sono opposte a due a due, con picciolo dilatato alla base. I fiori sono piccoli e odorosi, di colore bianco o bianco-crema: se esposti a sole e aria, essiccano rapidamente assumendo una caratteristica colorazione giallastra ed un piacevole odore aromatico. Il frutto è una drupa nera.

Storia

La pianta del sambuco era considerata praticamente sacra dalla tradizione folkloristica germanica, che la chiamava Holda, nome di una fata che abitava la pianta e che le conferiva dei poteri curativi. In alcuni luoghi i contadini si inchinavano o toglievano il cappello di fronte a questa fantastica pianta. 

Caratteristiche

Storicamente considerata una panacea da tutta la medicina popolare. I suoi fiori, assunti in grande quantità sotto forma di tè bollente, hanno un effetto sudorifero, che viene sfruttato per le malattie da raffreddamento con febbre. Si possono preparare decotti facendo bollire i fiori di sambuco per fare dei pediluvi. Ha proprietà lassative, diuretiche, rinfrescanti e antinevralgiche.

Miti, leggende e simboli

In Sicilia si credeva che un bastone di sambuco avesse il potere di uccidere i serpenti e di far scappare i ladri. 

Nelle leggende germaniche il flauto magico era fatto con il sambuco. 

A questa pianta dalle molteplici proprietà era attribuito anche un potere divinatorio per quanto riguarda il sesso dei nascituri e la bontà del raccolto. 

È considerata una pianta ambigua: si favoleggia che dentro di lei non si celi una fata, bensì una strega.

Intorno ai monasteri e alle fortezze si piantavano queste piante perché le proteggessero dalle sventure.

Title: Rosa Canina

Rosa Canina

Descrizione

È la specie di rosa spontanea più comune in Italia, talvolta definita rosa di macchia o rosa selvatica. La rosa selvatica è un arbusto, latifoglie e caducifoglie, spinoso e alto 100 - 300 cm, con fusti legnosi, privi di peli (glabri), spesso arcuati e pendenti, e radici profonde. Le spine rosse sono robuste, arcuate, a base allungata e compressa lateralmente. Le foglie, caduche, sono composte da 5 - 7 foglioline di 9 - 25 x 13 - 40 mm, ovali o ellittiche, con 17 – 22 denti sul margine. I fiori, singoli, hanno un diametro di 4 – 7 cm, di colore solitamente rosa pallido, sono poco profumati. Hanno un peduncolo di 20 – 25 mm e sono generalmente superati dalle foglie. I sepali laciniati, lunghi da 15 a 18 mm, dopo la fioritura si piegano all’indietro e cadono in breve tempo. La corolla è formata da grandi petali bilobi, rosati soprattutto sui lobi, di 19 – 25 x 20 – 25 mm. La rosa canina fiorisce da maggio a luglio, la maturazione delle bacche si ha in ottobre – novembre. Il falso frutto della rosa canina è caratterizzato da un colore rosso e da una consistenza carnosa; è edule ma aspro e non appetibile fresco.

Storia

La rosa canina è una pianta antichissima, nata più di quaranta milioni di anni fa. Datano a quel tempo infatti i reperti fossili di questo fiore ritrovati nel Colorado e nell’Oregon. Un fiore quindi molto resistente, che ha passato indenne secoli e secoli, differenziandosi in varie specie. Gli Assiri la consideravano una pianta altamente medicamentosa; i medici greci l’apprezzavano e la prescrivevano come tonico; i Persiani producevano con alcool, rose e coloranti naturali uno sciroppo chiamato ‘’giulebbe’’; i romani la utilizzavano a scopo ornamentale e terapeutico in quanto se ne estraevano oli essenziali che erano utilizzati per profumi e unguenti; le donne romane dopo il bagno usavano strofinarsi con polvere di rose, truccarsi le palpebre con l’olio essenziale del fiore;  l’imperatore romano Eliogabalo beveva il ‘’rosatum’’, cioè un vino con l’aggiunta di petali di rosa che venivano posti in infusione a fermentazione ultimata; Avicenna, filosofo e medico dell’Islam medioevale, considerava la rosa canina efficace contro la tubercolosi e ne fece ampio uso;  ricche di vitamina C, durante la seconda guerra mondiale, le sue bacche furono usate dagli inglesi per i loro bambini, in sostituzione degli agrumi. 

Caratteristiche

Il suo habitat sono le boscaglie di faggio, abete, pino e querce a foglie caduche, gli arbusteti e le siepi, fino ad una quota di 1900 m.  Preferisce suoli abbastanza profondi, limosi e moderatamente aridi, è una specie pioniera. Resiste al freddo e tollera anche il caldo; inoltre, essendo un arbusto rustico, non subisce attacchi da molti parassiti (a differenza delle rose coltivate).

Miti, leggende e simboli

La leggenda narra che il dio del vino Bacco si invaghì di una ninfa e, come suo solito, cercò di conquistarla, ma lei terrorizzata fuggì finché non inciampò in un cespuglio. Provò a rialzarsi ma Bacco la raggiunse e, consumato l’atto, il dio trionfante e soddisfatto non esitò a ringraziare il cespuglio trasformandolo in rosa, facendogli spuntare splendidi fiori di un delicato color rosato, lo stesso colore delle guance della sua ninfa.

Pare inoltre che la corona di Cristo fosse fatta con rami di rosa canina.

La pianta deve il nome ‘’canina’’ a Plinio il Vecchio, che affermava che un soldato romano fu guarito dalla rabbia con un decotto di radici di questa pianta. Fu poi Linneo, il naturalista svedese fondatore della moderna sistematica botanica e zoologica, ad ufficializzare il nome. È l’antenata delle rose coltivate, quella di partenza per le varietà oggi conosciute.

Note bibliografiche

Pignatti, S., Flora d’Italia, vol. 1, Bologna, Edagricole, 1982, p. 563.

Conti, F., Blasi, C.; Alessandrini, A.; Abbate, G., An annotated Checklist of the Italian Vascular Flora, maggio 2005, p. 154.

Title: Pelargonium zonale

Pelargonium zonale

Descrizione

Il Pelargonium zonale è una pianta sempreverde a portamento eretto o cespuglioso. Le foglie, di colore che può variare dal verde al giallo, sono di forma arrotondata con una larghezza compresa tra i 4 e i 14 cm.

I fiori hanno una larghezza che può arrivare fino ai 2,5cm, con colorazioni molto varie.

Storia

Pelargonium da pelargos, ovvero cicogna, Geranium da geranos, che significa gru, Erodium da erodos, che significa airone.

I pelargoni raggiunsero l'apice del successo nell'epoca vittoriana e la loro popolarità perdurò fino all'inizio della prima guerra mondiale, quando in Inghilterra fu proibita la coltivazione delle piante ornamentali in serra.

Caratteristiche

Esistono in molte varianti: piccoli e compatti, oppure varietà più folte e cespugliose. 

I fiori possono essere singoli o doppi e sono caratterizzati da uno spettro amplissimo di sfumature di colore. Stanno bene al sole e si adattano anche a climi molto secchi. 

Il geranio non richiede molta cura; in particolare il geranio rosso, rispetto soprattutto a quello bianco, è considerato quello più resistente e meno delicato. Tra le caratteristiche del geranio vi è quella naturale di essere in grado di tenere lontani gli insetti con il suo profumo, ma anche quella di essere un ottimo decongestionante.

Miti, leggende e simboli

Il geranio rosso simboleggia la consolazione e il conforto; il geranio rosso scuro simboleggia la malinconia; il geranio rosa simboleggia la nascita di un nuovo affetto; il geranio a cinque macchie simboleggia l’umiliazione; il geranio edera simboleggia l’amicizia sincera, mentre i gerani rampicanti simboleggiano in generale la fedeltà e la stabilità.  

Un’ antica leggenda lo vuole nato dall’orgoglio di una pianta di malva arrossita per essere stata ricoperta da un panno lavato del profeta Maometto.

Riferimenti decorativi/architettonici

Pianta protagonista di molti disegni e incisioni in stile Liberty.

Title: Oxalis pes-caprae

Oxalis pes-caprae

Descrizione

Produce bulbi sotterranei. Ha uno stelo eretto con foglie composte da tre foglioline e fiori di colore giallo disposti in grappoli pendenti portati da un gambo (scapo) eretto.

Lo stelo ha un sapore acido e salato (da lì deriva il nome Oxalis) e il bulbo ricorda lo zoccolo di una capra (pes-caprae).

Storia

In passato la pianta trovava largo impiego nella medicina popolare e sulle navi come antiscorbutico per l’elevato contenuto in vitamina C delle sue foglie; veniva utilizzato anche come diuretico e depurativo e per uso esterno sotto forma di impacchi sulla pelle arrossata; in alcuni casi, anche per togliere le macchie di ruggine e d'inchiostro.

Nei Paesi anglosassoni viene chiamata popolarmente anche “bella addormentata” o “trifoglio dormiente” come per giustificare la tendenza delle sue foglioline e delle sue infiorescenze a richiudersi su sé stesse durante le ore più calde delle giornata o in occasione di piogge intense.

Caratteristiche

Pianta considerata infestante perché non avendo uno scopo agricolo, entra in competizione con le altre piante. Sebbene non produca semi, è ugualmente difficile da controllare perché ogni singola pianta è in grado di produrre un gran numero di bulbi molto persistenti.

Miti, leggende e simboli

Viene indicato come il fiore della protezione e dell’amore materno perché si richiude su sé stesso durante il mal tempo; simboleggia anche la “fine delle preoccupazioni” perché fiorisce poco prima del bel tempo. Quest’erba viene chiamata anche Alleluia, Erba dell’Alleluia.

Title: Palazzo Zacco

Palazzo Zacco

Descrizione

L'edificio ha due prospetti con sei ampi balconi. Sul prospetto principale si aprono tre balconi, quello centrale che poggia sulle due in pietra pece con capitello corinzio, che delimitano l'ingresso, i due laterali, invece, hanno grandi mensole con la raffigurazione di musici che sovrastano volti grotteschi e raffigurazioni antropomorfe. Particolarmente originale è la mensola centrale del balcone laterale destro, con il musico che suona le maracas ed il sottostante mascherone che si rivolge ai passanti con una smorfia burlesca.  Anche nel prospetto laterale si trovano tre balconi, tra cui spicca quello al centro, che si appoggia su cinque mensoloni: uno centrale, più grande, raffigurante una sirena e quattro laterali con la raffigurazione di suonatori di flauto e di tromba. Anche la cornice dell'apertura è ricca di sculture, al centro del quale si trova la statua di S. Michele Arcangelo.

Riferimenti storici

Il palazzo venne edificato nella seconda metà del secolo XVIII dal barone Melfi di S. Antonio ed acquistato alla fine del secolo successivo dalla famiglia Zacco, da cui ha preso il nome.

Riferimenti Botanici

Nel cantonale d'angolo si trova lo stemma gentilizio della famiglia Melfi, delineato da una cornice di foglie d'acanto su cui si appoggia un puttino, mentre un altro tira fuori la testa dal lato opposto (Acanthus spinosus rappresenta il prestigio ed il benessere materiale, perché in passato veniva utilizzata per adornare le vesti dei personaggi più illustri).

Title: Malva sylvestris

Malva sylvestris

Descrizione

Pianta perenne dal portamento cespuglioso, eretto e prostrato. 

Il fusto (60-80 cm), legnoso alla base, porta foglie a 5-7 lobi, con margine dentato, ricoperte di peli. I fiori, che spuntano all’ascella delle foglie, sono di colore rosa-violaceo con striature più scure.

Storia

Il nome deriva dal greco malakos, molle, per le proprietà emollienti della pianta.

Carlo Magno la inserì tra le "piante obbligatorie", ossia che dovevano essere messe a dimora negli orti (piante medicinali, piante tinctorie, frutti, e ortaggi), nel suo “Capitulare de villis”.

Caratteristiche

Viene usata in medicina, in cosmetologia e in cucina.

Miti, leggende e simboli

Nel linguaggio dei fiori la malva è il simbolo dell'Amore materno, della dolcezza e della tranquillità. La scuola alchimistica di Paracelso ritiene che questa pianta subisca l'influenza di Venere, amplificando e migliorando tutti gli aspetti collegati alla sfera sessuale: il desiderio, la fertilità, il parto e l'allattamento, ne sarebbero beneficamente influenzati.

I filosofi, allievi di Pitagora, consideravano addirittura sacra la malva, quale rappresentazione simbolica e divina della saggezza e della pacatezza: per questo motivo si rifiutavano di utilizzarla ai meri fini alimentari. Un frammento di radice secca, avvolto con un pezzo di stoffa scura era considerato uno dei più potenti talismani da indossare. Gli steli delle piante adulte, sotterrati in prossimità delle stalle, proteggevano gli animali dai poteri del male.

Riferimenti decorativi/architettonici

Spesso riprodotta nel Liberty.

Title: Chiesa San Giuseppe

Chiesa San Giuseppe

Descrizione

La facciata a tre ordini, ricca di intagli e sculture, è ornata dalle grandi statue dei Santi dell'ordine Benedettino: San Benedetto e San Mauro in alto, Santa Gertrude e Santa Scolastica in basso. Due statue più piccole, ai lati del portone d'ingresso, raffigurano San Gregorio Magno e Sant'Agostino.

Quattro pilastri e quattro colonne, caratterizzate da una vistosa rastremazione verso la base e poste su alti basamenti, dividono il prospetto in tre partiti, dove i due laterali hanno soltanto il primo ordine e terminano con le due statue, affiancate a grandi volute.

Il partito centrale, convesso a due ordini, termina con un timpano spezzato sopra il quale si trova la cella campanaria, a tre luci, sormontata da un fregio: nel primo ordine si apre il portone d'ingresso, sormontato da un fregio a motivi vegetali; nel secondo si apre, invece, una grande finestra con la grata in ferro battuto "a petto d'oca".

L'interno presenta una pianta ovale. La copertura è costituita da una grande volta a cupola, al centro della quale si trova un affresco di Sebastiano Monaco, raffigurante la Gloria di San Giuseppe con San Benedetto. La volta e le pareti sono decorate da stucchi a motivi neoclassici,  gli altari sono rivestiti di vetro dipinto ad imitazione del marmo e sono sormontati da grandi tele di Tommaso Pollace e Giuseppe Crestadoro, raffiguranti La Trinità, San Mauro, San Benedetto e Santa Gertrude. Il pavimento è in lastre di calcare bianco con intarsi in pietra pece e mattonelle in maiolica. Nelle nicchie del vestibolo d'ingresso si conservano le statue di San Benedetto, del XVII secolo, e di San Giuseppe, del 1785. 

Riferimenti storici

La storia del Monastero “S. Giuseppe” inizia quando Carlo Giavanti, barone di Buxello e Saccubino, si impegnò a sostenere la realizzazione di un monastero di Montevergine, sotto il titolo di San Giuseppe, mettendo a disposizione un vasto complesso di fabbricati di sua proprietà, insieme con dei terreni e delle rendite che ne garantirono il sostentamento. Egli interviene a favore del nascente monastero, assumendosi l’onore del mantenimento del parroco della chiesa, al quale assegna uno stipendio annuale grazie alle rendite di alcune terre e di un giardino. Tuttavia il barone muore nel settembre del 1606, senza poter assistere all’apertura del monastero che, seppur completo, ancora oggi non è abitato.

Title: Epipactis hyblea

Epipactis hyblea

Descrizione

Pianta di aspetto robusto, alta dai 20 centimetri al metro, con un particolare fusto sotterraneo che ogni anno emette radici e fusti avventizi. L'infiorescenza è allungata e porta fino a 100 fiori (ma talvolta anche solo pochi).

I sepali sono divergenti, ovati, di colore variabile da verdastro a rosa-violaceo, lucenti internamente. I petali sono un poco più larghi dei sepali, di colore generalmente più roseo, ma anche biancastro, verdastro o porporino.                                                                                         

Storia

Epipactis: nome dell'elleborina citato da Dioscoride Pedanio, medico, botanico e farmacista greco che esercitò a Roma ai tempi dell'imperatore Nerone.

Hyblaea: dei Monti Iblei, province di Ragusa, Siracusa e Catania, in Sicilia.

L'origine di questo termine è sicuramente greca, ma l'etimologia esatta rimane oscura (qualche testo lo traduce con “crescere sopra”).

Dioscoride consigliava di mangiare tuberi di orchidee (per la forma già descritta) per vincere la sterilità.

Title: Cattedrale S. Giovanni Battista

Cattedrale S. Giovanni Battista

Descrizione

La facciata dell’edificio si presenta con numerosi intagli e sculture. 

È divisa in 5 parti da grandi colonne ed è arricchita da tre maestosi portali, dove quello centrale è ornata da colonne e statue dell’Immacolata, del Battista e di San Giovanni Evangelista. Davanti alla Cattedrale si trova un ampio sacrato e sul lato sinistro della Cattedrale vi è il campanile alto circa 50 metri. 

L’interno è a croce latina, con tre navate divise da colonne che nel 1777 i fratelli Gianforma decorarono con pregevoli stucchi, e anche delle grandi nicchie circondate da statue. All’incrocio del transetto, ornato da statue rappresentanti la Fede, la Speranza, la Carità e il Padreterno, con la navata centrale si trova la cupola, restaurata nei primi anni del XX secolo. L’altare maggiore è caratterizzato da un baldacchino dell’800 in velluto rosso e rifinito in oro. Molto particolare è la pavimentazione fatta da lastre in pece nera, adornata da disegni in pietra calcarea bianca,   realizzata nel 1848.

Riferimenti storici

La cattedrale di San Giovanni Battista sorgeva anticamente nell’antico centro della città di Ragusa. Dopo il terremoto del 1693 fu ricostruita nel cuore del nuovo centro abitato di Ragusa: era una chiesa piccola che mal si adattava alle esigenze di una popolazione in crescita, perciò nel 1718 fu ampliata e restaurata. 

Nel XIX secolo le navate laterali originarie vennero sostituite da piccole cappelle, con all’interno degli altari e venne realizzata la pavimentazione di lastre di pietra pece con intarsi in calcare bianco. 

Il 6 maggio 1950 con la costituzione della Diocesi di Ragusa divenne Cattedrale.

Title: Delonix regia

Delonix regia

Descrizione

È un albero maestoso che può superare i quindici metri di altezza, con rami allargati portanti foglie bipennate e una abbondante e spettacolare fioritura rosso-arancio. Il frutto è un baccello lungo tra i 40 e i 60 centimetri contenente alcune decine di semi oblunghi, scuri e striati sui bordi, che lontanamente ricordano i semi dei girasoli.

Storia

Delonix è un termine derivato dal greco e letteralmente si traduce con "unghia all'ingiù" con riferimento all'aspetto dei petali; “regia” sta a sottolineare il portamento imponente della specie.

Caratteristiche

Chiamato 'Albero di fuoco' per via della forma dei fiori quando sbocciano.

Miti, leggende e simboli

Nell’antichità si pensava che quest’albero avesse una carica magica.

Title: Chiesa S. Maria dell’Itria

Chiesa S. Maria dell’Itria

Descrizione

La facciata della chiesa si sviluppa in due ordini divisi da un grande cornicione e scandita da quattro paraste. Il portale centrale presenta decorazioni con foglie intrecciate e un finestrone che lo sovrasta, mentre, ai lati, vi sono due grandi finestre ovali. 

L’interno della chiesa è a tre navate, divise da dieci colonne di pietra bianca e sormontate da capitelli corinzi. Ai lati dell’abside, nella cappella che chiude la navata di sinistra, è situato l’altare in stile barocco, con colonne a tortiglioni, che ospita un quadro seicentesco di notevole pregio in cui si raffigura San Giuliano e San Giovanni Battista, mentre sull’altare che chiude la navata destra è collocato un Crocifisso di scuola spagnola. Sulla parete di sinistra si trova un dipinto della Madonna delle Sette Spade con i santi Eligio e Lorenzo,  e una tela con San Corrado da Piacenza e il Beato Guglielmo da Scicli che reggono un quadro della Madonna. 

All’esterno, sulla destra della chiesa, è presente una cappella dedicata all’Addolorata, con altare di marmo e l’urna lignea con il Cristo Morto. Sulla volta è presente un affresco raffigurante l’Assunzione e l’Incoronazione di Maria, mentre sul pavimento si trovano il simbolo della Croce dei Cavalieri di Malta e tre lastre tombali, tutte in pietra pece, che indicano le sepolture del popolo, del clero e della famiglia Cosentini. 

Al fianco della chiesa si innalza una particolare torre campanaria, coronata da una balaustra a pilastrini e sormontata dal tamburo ottagonale che termina con una cupoletta. La splendida cupola è con la sua copertura di ceramiche color blu cobalto.

Riferimenti storici

La chiesa di San Giuliano è del XIV sec, poi fu ricostruita dall'Ordine dei Cavalieri di Malta fra il 1629 e il 1639. Nel 1626, infatti, il cavaliere Blandano Arezzo La Rocca, appartenente all'Ordine dei Cavalieri di Malta, fece costruire al posto dell'antica chiesa bizantina la nuova chiesa della Madonna dell'Itria (o Idria).

Questa chiesa, infatti, rappresenta l’unica dell'Ordine di Malta a Ragusa ed era molto più piccola e molto diversa rispetto a quella che fu ricostruita dopo il terremoto del 1693, dove poi infatti, successivamente, fu ricostruita ed ampliata nelle sue forme attuali. 

Il nome della chiesa quasi sicuramente trae origine dalla parola greca "odygidria" che significa Madonna delle acque, per via di alcune vene idriche presenti nella zona, successivamente la parola fu poi trasformata nel dialetto locale in "Itria".

Riferimenti Botanici

Utilizzo delle foglie di Acanto e delle decorazioni delle pareti della torre campanaria in terracotta policomia, con disegni di vasi e fiori in stile rococò dai tipici colori della Sicilia.

Title: Cerinthe major L.

Cerinthe major L.

Descrizione

Erba annua o perenne, a foglie glabre o scabre con piccole verruche bianche, a corolla gialla.

Presenta fiori penduli, variegati, a forma campanulata, di colore giallo e marroncino.

Storia

Il nome generico deriva dal greco 'keros' (cera) e 'anthos' (fiore) e significa quindi 'fiore di cera';     il nome specifico (major) si riferisce alle maggiori dimensioni rispetto ad altre specie congeneri.

Altri nomi con cui viene chiamata in Italia: Cerinte maggiore, Erba-tortora maggiore, Scarlattina, Succiamele e Viperina maggiore.

Caratteristiche

Succhiando la base del fiore con la bocca ne viene fuori una linfa di sapore molto dolce e mielato, molto gradita dalle api.

Le foglie più grandi possono essere cotte insieme ad altra misticanza.

L'azione dell'infuso è antiflogistica, astringente oftalmica e rinfrescante.

Cresce negli oliveti, nelle vigne, ai margini delle strade, su suoli argillosi subaridi, ricchi in composti azotati, dal livello del mare a 800 m circa, con optimum nella fascia mediterranea.

Title: Duomo di San Giorgio

Duomo di San Giorgio

Descrizione

La cupola è sorretta da 16 colonne di gusto neoclassico, è alta 43 metri ed ispirata a quella del Pantheon di Parigi. L’edificio religioso si pone maestoso al di sopra di una monumentale scalinata e la sua posizione obliqua rispetto alla piazza sottostante ne accentua l’imponenza. La facciata, a tre ordini, segue lo schema della facciata “a torre”: si sviluppa verso l’alto in modo piramidale e ingloba il campanile nel prospetto, terminando con una cuspide a bulbo. 

Il portone centrale è finemente scolpito con sei altorilievi, realizzati dal palermitano Vincenzo Fiorelli, raffiguranti scene del Martirio di San Giorgio. Nel secondo ordine trova posto una cornice con intagli, impreziosito da una vetrata colorata raffigurante San Giorgio nell’atto di uccidere il drago; ai lati, su due artistiche volute, le statue equestri di San Giorgio e di San Giacomo Apostolo. Il terzo ordine ospita la cella campanaria sopra la quale campeggia un antico orologio e ai lati della quale, sulle volute laterali, sono installate due statue di San Pietro e San Paolo. 

L’interno è a croce latina, con tre navate separate da due file di robuste colonne: in alto la navata maggiore, coperta da una volte a botte, e presenta delle finestre chiuse da vetri colorati, di cui 13 rappresentano gli episodi del Martirio di San Giorgio, realizzati su disegni di Amalia Panigatti.

Sulla  navata centrale è installato il monumentale organo di fine Ottocento; nelle navate laterali vi sono 13 cappelle decorate con pregevoli dipinti, quello del Riposo in Egitto dipinta da Dario Guerci nel 1864 e quella della Immacolata e del San Nicola di Vito D’Anna. 

Sopra gli ingressi laterali sono presenti due nicchie, dove sono conservati i due simulacri, che vengono portati in processione per le strade durante la festa patronale della città. In una nicchia si conserva l’Arca Santa e l’urna reliquia in argento dei primi dell’Ottocento. Nella nicchia sopra l’ingresso laterale sinistro, vi è il simulacro di San Giorgio, Patrono di Ragusa Ibla.

Riferimenti storici

La primordiale chiesa venne infatti gravemente danneggiata dal terremoto, restando in piedi parte della facciata, alcune cappelle e parte della Cappella maggiore. Per cui venne costruito un ampio locale adiacente alla navata sinistra del vecchio tempio, in cui poter svolgere le sacre funzioni. 

Nel secondo quarto del secolo XVIII si pensò al trasferimento della chiesa in una posizione più centrale: i lavori furono iniziati nel 1739, mentre la cupola verso il 1810 e nel 1890 fu eseguita ed installata la magnifica cancellata in ferro sormontata da una piccola statua equestre di San Giorgio, che cinge la scalinata e accresce l’effetto ascensionale.

Title: Calendula Officinalis

Calendula Officinalis

Descrizione

La calendula è una pianta erbacea a carattere annuale, biennale o perenne (se ne contano ben 12 variazioni). Il suo fusto è eretto. Le foglie sono tenere e alterne; il colore dei fiori è cangiante, dal giallo vivo al rosso-arancio.

Storia

Il nome deriva dal latino Calendae, parola con la quale i Romani indicavano il primo giorno del mese, dato che fiorisce una volta al mese durante tutta l'estate.

Si adoperava la calendula per curare le ferite con eventuali perdite ematiche o ustioni

Caratteristiche

I fiori della calendula contengono numerosi oli essenziali (si possono annoverare ben 45 diverse sostanze). Alla calendula vengono ascritte proprietà antinfiammatorie e cicatrizzanti.

Miti, leggende e simboli

Nel linguaggio dei fiori la calendula rappresenta il dolore, il dispiacere e le pene d'amore e la gelosia.                                                                                                                     

Afrodite, profondamente addolorata per la morte del suo amante Adone, iniziò a piangere e appena le sue lacrime toccarono terra si trasformarono in calendule.

Sia per i Greci sia per i Romani, il fatto che i fiori si aprissero al mattino per richiudersi al tramonto era considerato un simbolo di sottomissione e di dolore per la scomparsa del sole, questa credenza ha fatto sì che la calendula sia stata associata nel corso dei secoli ai sentimenti di dolore, noia e pena.

Per i messicani è il fiore simbolo della morte: una leggenda narra che le calendule, portate dai conquistatori, si siano sviluppate e diffuse nel territorio messicano a causa del sangue versato dagli indigeni, vittime della corsa alla conquista dell’oro da parte degli invasori.

Title: Palazzo Cosentini

Palazzo Cosentini

Descrizione

L'edificazione del palazzo risale al terzo quarto del XVIII secolo per iniziativa del barone Raffaele Cosentini e del figlio Giuseppe e si concluse nel 1779. 

Il prospetto principale dell'edificio, a due piani, è delineato da due alte paraste, che terminano con un curioso capitello, arricchito da festoni e dalla conchiglia. I tre balconi del piano nobile si caratterizzano per la decorazione delle mensole, con mascheroni dai volti grotteschi e deformi; nel primo a sinistra sormontati da figure di musici, in quello centrale da figure alludenti all'abbondanza e in quello a destra con personaggi del popolo.

Riferimenti storici

Il palazzo si trova alla confluenza di due importantissime vie di comunicazione della città antica, la Salita Commendatore con la scalinata che metteva in comunicazione il quartiere inferiore con quello superiore e la strada di S. Rocco. Per questo motivo ai due cantonali si trovavano, come ci dice una descrizione dei primi anni del secolo XX, le statue dei protettori dei viandanti: S. Francesco di Paola, ancora esistente, e San Cristoforo o S. Rocco.

Iconografia

Nel prospetto laterale vi sono cinque mascheroni grotteschi che tengono in bocca animali simbolici, come la serpe e lo scorpione, sovrastati da figure allegoriche dell'abbondanza, come donne con grandi mammelle ed uomini che reggono cornucopie colme di frutti, alludendo alla ricchezza, vera o solo esibita, dei proprietari.

Title: Palazzo della Cancelleria

Palazzo della Cancelleria

Descrizione

Il palazzo venne edificato dalla famiglia Nicastro, nella prima metà del XVIII secolo.

Il prospetto principale si affaccia su una piazzetta in cui confluiscono due diramazioni della lunga scalinata. Il balcone è sorretto da cinque enormi mensole di stile ancora seicentesco, che disegnano tre grandi volute, dietro la ringhiera in ferro battuto. L'apertura è incorniciata da due lesene, con volti di cherubini e sormontata da un timpano dalle linee spezzate. Il sottostante portale d'ingresso, probabilmente costruita in epoca successiva, con le sue linee fortemente aggettanti fuoriesce dallo spazio scandito dalle due lesene laterali. Il prospetto laterale, anch'esso delimitato da alte lesene, ospita due finestroni raccordati con una cornice mistilinea con i balconi del primo piano; questi sono di dimensione più contenute, rispetto alla tribuna principale ma ne ripetono il motivo seicentesco nelle mensole, a due sole volute. 

Riferimenti storici

I Nicastro, presenti a Ragusa dal 1577 con Mariano Nicastro non partecipavano attivamente alla vita sociale tramite cariche elettive, né erano annoverati fra i nobili dell'antica Ragusa, solo  dopo il  matrimonio di Filippo Nicastro con la baronessa Giampiccolo la famiglia iniziò a partecipare alla vita pubblica. I Nicastro raggiunsero l'opulenza nel 1760, data che segnò non solo l'ultimazione del palazzo, ma anche il momento di massima contribuzione di censo. 

Acquistata dal Comune nella seconda metà del XIX secolo, divenne sede della Cancelleria comunale e da essa ha preso il nome.

Title: Palazzo La Rocca

Palazzo La Rocca

Descrizione

Il palazzo fu costruito per iniziativa di Don Saverio La Rocca, barone di S. Ippolito. 

Di questa antica dimora dei La Rocca sono ancora visibili alcuni resti murari, con caratteristici archi ad ogiva. Il prospetto ad un piano, sobrio ed elegante, è caratterizzato da sette balconi sorretti ognuno da tre mensole in pietra pece, di cui le laterali sono più piccole mentre la centrale è più grande, che segue la curva del balcone. In esse vi sono raffigurate delle figure antropomorfe tra cui particolarmente interessanti il flautista, il suonatore di liuto, la popolana col bimbo in braccio, con i puttini nelle mensole piccole laterali. Dal grande portone d'ingresso si accede ad un atrio, in fondo al quale si trova una elegante scalinata a due rampe, da cui si accede alle stanze del piano nobile, che conservano ancora arredi settecenteschi, come le porte laccate ed i pavimenti in pietra asfaltica ed in maiolica. La facciata è chiusa da due paraste cantonali ed in basso da un cornicione continuo.

Title: Fotogrammi di guerra tra i portoni di casa nostra

Fotogrammi di guerra tra i portoni di casa nostra

Il 14 Aprile 1941 è la data del tragico evento che ha coinvolto la cittadina di Marina di Ragusa: a causa della caduta di un aereo militare tedesco, morirono cinque persone. Partendo da un lavoro fotografico, le immagini sono affisse sul muro dell’abitazione sviluppandosi come un puzzle, affiancate da testi.

I ragazzi non sapevano nulla di questa storia , fino a questa estate, dopo che la casa che attualmente si trova  nel luogo del disastro, è diventata oggetto di mostra fotografica documentando l'accaduto.
Incuriositi hanno voluto sapere qualcosa in più.
Hanno toccato con mano, attraverso il racconto dell'anziano, come la guerra, di cui avevano letto soltanto sui libri di storia , abbia  coinvolto i cittadini del nostro piccolo  paese.

Quando ha sentito il forte boato, l’anziano signore stava mangiando dei biscotti , mentre la sorella e la madre erano in chiesa (la strage poteva essere molto più devastante, perché in quel momento in chiesa si stava celebrando la messa, e la casa colpita dall'aereo è vicinissima alla chiesa).

Questo particolare ci ha fatto capire come sia diverso il rapporto  con il cibo rispetto ad un tempo. Che la guerra non è stata lontana da noi e da loro. Perché ancora oggi abbiamo testimonianze che raccontano la fame e la miseria di quegli anni.

Trittico dei protagonisti

Trittico dei protagonisti