Chiesa San Giuseppe

Ragusa
Facciata della Chiesa
Fregi floreali
Tipologia
Anno
1796
Stile

Descrizione

La facciata a tre ordini, ricca di intagli e sculture, è ornata dalle grandi statue dei Santi dell'ordine Benedettino: San Benedetto e San Mauro in alto, Santa Gertrude e Santa Scolastica in basso. Due statue più piccole, ai lati del portone d'ingresso, raffigurano San Gregorio Magno e Sant'Agostino.

Quattro pilastri e quattro colonne, caratterizzate da una vistosa rastremazione verso la base e poste su alti basamenti, dividono il prospetto in tre partiti, dove i due laterali hanno soltanto il primo ordine e terminano con le due statue, affiancate a grandi volute.

Il partito centrale, convesso a due ordini, termina con un timpano spezzato sopra il quale si trova la cella campanaria, a tre luci, sormontata da un fregio: nel primo ordine si apre il portone d'ingresso, sormontato da un fregio a motivi vegetali; nel secondo si apre, invece, una grande finestra con la grata in ferro battuto "a petto d'oca".

L'interno presenta una pianta ovale. La copertura è costituita da una grande volta a cupola, al centro della quale si trova un affresco di Sebastiano Monaco, raffigurante la Gloria di San Giuseppe con San Benedetto. La volta e le pareti sono decorate da stucchi a motivi neoclassici,  gli altari sono rivestiti di vetro dipinto ad imitazione del marmo e sono sormontati da grandi tele di Tommaso Pollace e Giuseppe Crestadoro, raffiguranti La Trinità, San Mauro, San Benedetto e Santa Gertrude. Il pavimento è in lastre di calcare bianco con intarsi in pietra pece e mattonelle in maiolica. Nelle nicchie del vestibolo d'ingresso si conservano le statue di San Benedetto, del XVII secolo, e di San Giuseppe, del 1785. 

Riferimenti storici

La storia del Monastero “S. Giuseppe” inizia quando Carlo Giavanti, barone di Buxello e Saccubino, si impegnò a sostenere la realizzazione di un monastero di Montevergine, sotto il titolo di San Giuseppe, mettendo a disposizione un vasto complesso di fabbricati di sua proprietà, insieme con dei terreni e delle rendite che ne garantirono il sostentamento. Egli interviene a favore del nascente monastero, assumendosi l’onore del mantenimento del parroco della chiesa, al quale assegna uno stipendio annuale grazie alle rendite di alcune terre e di un giardino. Tuttavia il barone muore nel settembre del 1606, senza poter assistere all’apertura del monastero che, seppur completo, ancora oggi non è abitato.